SEMAFORO VERDE

SEMAFORO VERDE

La 44 arriva con qualche minuto di ritardo alla fermata 12557, via Pirano (GorlaM1). Sono le 8 del mattino. Le porte del bus si aprono con un secco rumore meccanico, sbattendo, quasi a sottolineare il ritmo frenetico delle corse e il carico eccessivo di passeggeri. Un millepiedi gigante, di altezza umana, scende in fila ben ordinata, con passo veloce e, una volta raggiunto il marciapiede, si dirige alle scale della metropolitana. Sebbene le persone siano tante nessuno alza la testa e gira lo sguardo da una parte diversa rispetto al dove si va: il rischio di inciampare è altissimo. Si va: sguardo fisso e serioso, svelti, in silenzio, testa bassa, si segue la fila. E giù. Il millepiedi scorrendo  s’imbuca verso il fondo delle scale. E scompare.

Poco più avanti alcuni guardano fissi il display del proprio smartphone. Ad intermittenza alzano lo sguardo per qualche millesimo di secondo nella speranza che appaia dinanzi a loro il colore di chi mal sopporta l’obbligo di star fermi: il verde. Sembrano soggetti telecomandati. Ed è così che il semaforo, con gran sollievo di tutti, cambiando colore dà il via a quel gruppetto di persone che, precipitandosi dall’altra parte della strada, si disperde in molteplici direzioni.

Un clacson in lontananza lancia un segnale acustico. Influenzati dal primo anche altri fanno partire il loro orgoglioso suono. La destinataria di questi rumorosi richiami sembra essere un’auto ferma al limite del tappeto zebrato che dà accesso su viale Monza: fa da capofila ad una lunga colonna di quattroruote. I conducenti appollaiati al loro interno, con aria infastidita, impegnano il loro tempo d’ attesa in ogni modo.  Alcuni semplicemente osservano ciò che succede al di là del finestrino e di tanto in tanto mettono in funzione il segnalatore acustico; altri immersi in una comunicazione virtuale digitano sul cellulare; altri ancora girando il polso verso se stessi osservano l’orologio chiedendosi quanto tempo resta prima di ripartire; qualcuno infine muovendo il capo a destra e a sinistra, in alto e in basso, cerca di compiere un improbabile slalom visivo tra le vetture che gli stanno davanti per intravvedere quando finalmente apparirà il colore, verde, che metterà fine a quella insopportabile attesa.

Lo spaccato di umanità che si scorge in strada in un tratto di 100 mt è variopinto ed eloquente. Il virus invisibile che si è annidato nelle persone è già conosciuto; sembra tuttavia che non si trovi ancora una cura efficace. La fretta si propaga, contagia e deforma le menti e i cuori sui criteri dell’efficienza e della produttività: sei qualcuno se fai qualcosa; sei molto di più, tanto più fai. “E se non fai niente… beh, non farmi perdere tempo!!!” è la tipica espressione degli indaffarati.

Da un lato di questa strada lunga circa 100 mt si scorge la chiesa dove tra poco si celebrerà l’inizio del tempo di Quaresima. Le pagine di Vangelo che saranno proposte parlano di deserto e tentazioni (Mt4,1-11)), di incontri e lunghi colloqui (Gv4,5-42), di confronti sulla fede (Gv8,31-59), di ascolto e guarigione (Gv9,1-38), di resurrezione (Gv11,1-53). C’è ben poco che assomigli alla fretta. Evidente nelle pagine evangeliche appare il fatto che il tempo è per l’uomo occasione di incontro, di relazione, di scoperta di se e di conoscenza di Dio. L’uomo non è suddito del tempo ma se ne serve per crescere e per comprendersi. Eppure le nostre città e i nostri quartieri, le nostre case e talvolta le nostre stesse famiglie sono diventate luogo dove il tempo della condivisione scarseggia, rapito dalla fretta di rispondere alla molteplicità di incombenze e impegni di cui sembra non possiamo farne a meno. Ciò che ci rimane è la stanchezza del fisico e del cuore.

Dedicare tempo per sé, coniugando l’ascolto di Dio e dell’altro, è un esercizio di pulizia interiore che custodisce una sana umanità. Nel suo peregrinare attraverso i villaggi e le cittadine degli uomini Gesù ha custodito l’arte di dedicare tempo nell’ ascoltare Dio e l’uomo. Questo atteggiamento esistenziale, coltivato come virtù profonda, gli ha consentito di giungere alla soglia della Pasqua vedendo apparire, per lui e per il buon ladrone, il colore verde della speranza: l’accesso alla vita Risorta. Forse anche i frettolosi passeggeri della 44; i pedoni ansiosi di attraversare la strada; gli automobilisti scocciati dal traffico anelano a vivere meglio il loro tempo.  Che l’itinerario quaresimale possa essere per noi tutti una fruttuosa fatica nell’esercizio di vivere il tempo come grazia che ci è donata per l’ascolto. Nella preghiera, ascoltiamo; nelle relazioni, ascoltiamo; con noi stessi, ascoltiamo… la voce Interiore.  Buona Quaresima……

Don Adriano

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