L’arte di costruire il presepio è poesia.
S’intrecciano in un abbraccio millenario passione e sentimento, calore e ricordo. Il fare e il meditare comminano insieme. Le storie diventano immagini e ogni particolare corrisponde a ciò che la penna del cuore e della mente scrive. Il presepio costruito con amore sembra essere come la culla di una nuova vita: la nicchia della speranza. Prendendo tra le mani le diverse statue della sacra rappresentazione si leggono pagine di un libro antico che narra la storia vera di persone incontrate da Dio. La mente evoca alla memoria parole eterne ascoltate e libera pensieri profondi di vicende di vita vissuta. Guardando Giuseppe si intravvede la vicenda singolare di un uomo di cui si parla poco nel vangelo e che è tuttavia definito “uomo giusto”. In lui si possono riconoscere le persone che vivono una vicenda di vita sapientemente nascosta: ci sono ma non vogliono apparire; si danno da fare più nell’ordinarietà della vita che nella straordinarietà delle occasioni; celano sotto un velo di normalità una non indifferente profondità d’animo: la virtù di saper ascoltare Dio “Alzati prendi con te il bambino e sua Madre e fuggi…” (Mt 2,13). Maria sembra contare di più di suo marito: almeno per il fatto di aver portato in grembo Gesù e di avergli dato la luce di questo mondo. Anche in lei emerge la grandezza d’animo tipica di quelle persone che accolgono umilmente una storia “non dipinta da loro” e si abbandonano con docilità al compiersi della volontà di Qualcun altro. Ha messo a rischio il fidanzamento con Giuseppe; ha accettato che la sua storia “personale” diventasse la storia di Gesù; si è trovata dapprima come messa in disparte dal Figlio “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” (Mc 3,31) e poi è ricomparsa come madre addolorata ai piedi della croce. Maria si è consegnata totalmente. Non possono mancare nel presepe i pastori. Sono personaggi a cui istintivamente si vuol bene … La loro fedeltà al rude lavoro quotidiano di pascolare il gregge è stata premiata dalla possibilità di cogliere come protagonisti il tempo opportuno, il compiersi dell’attesa. Essi raccontano di gente che pur nella monotonia dei giorni e nel tran tran quotidiano non assopiscono lo spirito che vigila e coglie novità inattese. “C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte, facendo la guardia al loro gregge. Un Angelo del Signore si presentò…” (Lc 2,8). Trovare motivi di stupore nella lineare normalità del proprio quotidiano è uno dei miracoli più preziosi e stupefacenti. E infatti Dio ha deciso di manifestarsi assumendo il corpo di un bambino: Gesù. Nel corso della storia, dentro una vita che nasce, tra altri neonati di quell’anno, Dio si è fatto uomo. Non figlio di re o di imperatori, parente di persone famose e conosciute; no, figlio di un falegname e di una ragazza, sotto il grezzo legno di una stalla come tetto e tra dure pietre di grotta come pareti, Dio si è fatto uomo. Dentro la vita semplice di gente normale Gesù è nato. E proprio guardando l’immagine di Gesù si percepisce come il dono più grande che si ha ricevuto è quello della vita. Noi pensiamo che l’avere e il possedere ci aiuti a vivere meglio: può essere vero. Ma in fondo già saper essere contenti e grati di vivere vale più di molte cose senza le quali ci sembrerebbe di vivere meno bene. La gratitudine, come la gioia, è una questione interiore, un modo di essere che sgorga dal di dentro. Niente che possediamo o che vorremmo avere ci può dare ciò. Ed ecco infine nel presepio ciò che ci rappresenta tutti: la stella cometa. Essa brilla nella notte, segno luminoso di un annuncio, portatrice di un segreto custodito per millenni, porta che dischiude alla gioia vera “Alvedere la stella provarono una grandissima gioia” (Mt 2,10). Si la stella ci rappresenta perché indicando luminosa la nascita di Gesù ricorda a noi il compito affidatoci, la realtà consegnataci in quanto discepoli:“Voi siete la luce del mondo… non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candeliere, perché faccia luce a tutti coloro che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli»”(Mt 5,14-16). Non si tratta di inorgoglirci o di essere presuntuosi: ma di essere responsabili ricordando a noi stessi per primi che Gesù ci ha scelto per testimoniarlo là dove viviamo, per raccontare con la nostra vita che Dio si è fatto conoscere anche a noi in Gesù. Vigiliamo in questo Natale su noi stessi; vigiliamo sul nostro modo di stare con gli altri perché in un cammino di conversione e per mezzo delle virtù della misericordia sappiamo essere segno e annuncio di Gesù che è nato e ci ha incontrato. I Magi videro la stella e provarono gioia. Preghiamo perché il nostro essere lì dove viviamo ogni giorno possa essere segno di consolazione e di speranza.
A nome dei sacerdoti e delle religiose della Comunità pastorale vi consegno un augurio sincero di pace e di luce.
Don Adriano